«Siamo appassionati di arte per la sua capacità di unire tante persone»
Carla Lariot, art advisor e storica dell’arte, e Luca Sandigliano, architetto, sono i fondatori di Lariot Collective, una galleria d’arte londinese di respiro internazionale. Nata nel bel mezzo della pandemia, ha affrontato tutti i disagi di quel periodo con creatività e intelligenza. Dopo tre anni è riuscita a ritagliarsi uno spazio sulla scena internazionale dell’arte contemporanea con un modello di galleria ecologicamente sostenibile in continua trasformazione, cercando sempre di adattarsi alle esigenze del mercato e alle tendenze.
Una galleria che crea una comunità intorno ai suoi artisti e ha la capacità di attrarre nuovi collezionisti così come quelli più esperti, accogliendo tutti con un trattamento personale e ravvicinato.
Abbiamo parlato con i suoi fondatori per scoprire l’anima della loro azienda.
– Siete una spagnola e un italiano che vivono a Londra da più di sette anni. Come vi siete conosciuti e quando avete deciso di creare la galleria Lariot Collective?
Ci siamo conosciuti a Londra nel febbraio 2020, in quel periodo Luca lavorava presso Foster & Partners come Bim & Design System Coordinator e Carla come Art Advisor e specialista di arte emergente per la Collezione Cingilli. Quando la pandemia è arrivata, nell’ottobre del 2020, Carla ha perso il lavoro e allora è stato chiaro che era il momento migliore per rischiare e creare Lariot Collective. È stata una scommessa da parte di entrambe in un momento molto complesso per tutti noi, una sfida nel bel mezzo della reclusione. Entrambi crediamo che i momenti più difficili della storia siano quelli che generano la maggiore creatività e in cui emergono i progetti migliori. È fondamentale ricordare che una recessione è anche un catalizzatore di innovazione e opportunità.
«Entrambi crediamo che i momenti più difficili della storia siano quelli che generano la maggiore creatività»
– Qual è il vostro rapporto con l’arte e la cultura? Cosa vi appassiona di più?
– Carla: Ho avuto l’immensa fortuna di crescere in una famiglia che mi ha trasmesso l’amore per l’arte e la cultura fin da piccola. Mia nonna era una pittrice, mio padre (semiologo) è stato per 6 anni direttore dell’Accademia di Belle Arti di Roma e io sono cresciuta giocando negli studi degli artisti. Mia madre (sociologa) è sempre stata molto legata al mondo della cultura. È stato naturale che io abbia deciso di studiare storia dell’arte e che abbia finito per lavorarci: è il campo in cui mi sento più a mio agio e in cui mi sono divertita di più.
Ciò che mi affascina di più del mondo dell’arte è la forza di attrazione che esercita e la capacità di avvicinare tante persone.
«È stato naturale che io abbia deciso di studiare storia dell’arte e che abbia finito per lavorarci»
«Ciò che mi affascina di più del mondo dell’arte è la forza di attrazione che esercita e la capacità di avvicinare tante persone»
– Luca: Il mio processo è stato molto graduale e organico. Essendo nato in una piccola cittadina, ho avuto da subito la curiosità e il desiderio di distaccarmi da una realtà relativamente ristretta, questo mi ha permesso di espormi a luoghi, persone, ambienti e input diversi nel corso degli anni e di costruire a poco a poco il mio bagaglio culturale.
Indubbiamente l’aver studiato architettura ha giocato un ruolo fondamentale, perché è una disciplina molto flessibile che apre la mente a 360 gradi, grazie alla quale ho coltivato contatti e amicizie di ogni tipo. Un architetto può facilmente diventare scrittore, un regista, uno stilista, un fotografo o un artista. Mi ha sempre affascinato il legame tra arte e architettura. Contenuto e contenitore, tecnica e immaginazione, luce e ombra.
Mi interessa la volontà dell’arte di far immaginare qualcosa, la descrizione parziale e la libertà mentale che viene necessariamente liberata, libertà che non è consentita in tutte le discipline e questo risulta un aspetto molto prezioso.
«Mi interessa la volontà dell’arte di far immaginare qualcosa»
«libertà che non è consentita in tutte le discipline e questo risulta un aspetto molto prezioso»
– Che cosa rappresenta per voi Londra e perché la galleria è nata in questa città?
Londra è la città che ci ha lanciato professionalmente, abbiamo vissuto entrambi qui per diversi anni e Londra è sempre stata un grande epicentro artistico e un centro d’affari. La scena artistica qui è ancora impareggiabile, un’esplosione di artisti e gallerie che sono di grande ispirazione. Abbiamo sempre pensato che se una piccola impresa riesce a lavorare bene e a funzionare in una città come Londra, può farlo in qualsiasi città, visto che la concorrenza qui è così agguerrita
«se una piccola impresa riesce a lavorare bene e a funzionare in una città come Londra, può farlo in qualsiasi città»
– Quali sono i compiti che ciascuno di voi svolge in galleria e in che modo vi completate a vicenda?
La verità è che ci completiamo molto bene, il fatto che proveniamo da ambiti diversi è fondamentale: Carla ha più di 10 anni di esperienza nel settore e di esperienza professionale in gallerie, istituzioni e biennali, oltre che nel mercato dell’arte, e quindi ha il know-how; tuttavia Luca, che proviene dal mondo dell’architettura e ha esperienza nella gestione di gruppi e nel management, è quello che porta le idee più innovative, vede al di là del modello classico e questo è fondamentale.
Siamo entrambi coinvolti in tutti i processi decisionali, ma forse Carla è quella che si occupa di più delle relazioni (sia con gli artisti che con i clienti), delle vendite e della parte più specialistica, mentre Luca è quello che si occupa di tutto il design e dell’organizzazione. Lariot Collective è la combinazione dei due.
– Carla, hai lavorato per numerose istituzioni artistiche pubbliche e private nel Regno Unito, in Italia e in Spagna, tra cui la Biennale di Venezia, la Sabrina Amrani Art Gallery, la Collezione Peggy Guggenheim, Frieze, il Victoria & Albert Museum e Red Valentino, oltre a lavorare come consulente d’arte per i collezionisti.
Quali sono le esperienze che ti hanno dato di più a livello personale e professionale?
Nel corso della mia carriera professionale e accademica ho sempre cercato di posizionarmi a livello internazionale e di fare esperienza in diversi campi del mondo dell’arte, senza concentrarmi solo su un settore ma ampliando la mia esperienza per conoscere questa industria da diversi punti di vista.
Penso che tra tutte le esperienze professionali che ho fatto, quelle che mi hanno insegnato di più sono state il periodo alla Collezione Peggy Guggenheim, dove ho capito che il mondo dell’arte era la mia passione; il periodo trascorso con Sabrina Amrani durante i suoi primi anni in galleria, con la quale ho imparato molto e che è stata un grande esempio per me come gallerista; l’onore di aver assistito Okwi Enwezor alla Biennale di Venezia e di aver potuto lavorare a stretto contatto con tutto il team che stava dietro al colosso della Biennale; infine, è stato fondamentale aver lavorato con Kemal Has Cingillioglu alla Collezione Cingilli come art advisor, grazie al quale ho imparato tutto quello che so sul mercato dell’arte.
In tutte queste esperienze sono cresciuta molto, non solo professionalmente ma anche personalmente.
«ho sempre cercato di posizionarmi a livello internazionale e di fare esperienza in diversi campi del mondo dell’arte»
«In tutte queste esperienze sono cresciuta molto, non solo professionalmente ma anche personalmente»
– Luca, tu sei un architetto di professione per un grande studio di Londra, ma ti sei avvicinato al mondo dell’arte contemporanea, riesci in qualche modo a mettere in relazione i due mondi attraverso la galleria?
Tutta la mia vita professionale è sempre ruotata intorno al progetto: che si tratti di progettare un masterplan con Foster + Partners o di dirigere la costruzione di un edificio con il gruppo MACE.
Il progetto definisce un desiderio, un’idea che prende forma, un obiettivo preciso, un calendario, un livello di sviluppo che dipende dalla disponibilità di risorse; è un equilibrio delicato.
Il progetto genera dibattito e allo stesso tempo sviluppo.
Credo che il design, non necessariamente quello architettonico, identifichi molto chiaramente il punto di connessione tra arte e architettura.
In Lariot Collective viviamo e ci nutriamo di progetti, sono il motore che fa avanzare il nostro calendario e ci permettono di creare un’infrastruttura sempre più solida, dove si sbaglia, si impara e si migliora.
«Il progetto genera dibattito e allo stesso tempo sviluppo»
«In Lariot Collective viviamo e ci nutriamo di progetti, sono il motore che fa avanzare il nostro calendario e ci permettono di creare un’infrastruttura sempre più solida»
– Come opera di solito la galleria e quale strategia state sviluppando?
Lariot Collective organizza quattro mostre all’anno e partecipa a fiere, lavoriamo in modo molto diretto con i nostri artisti e i nostri clienti e siamo sempre alla ricerca di nuove strategie, nuovi spazi e nuovi progetti espositivi. In questi anni abbiamo capito che il modello classico di galleria non è sempre sostenibile e stiamo lavorando per seguire nuovi modelli di galleria che abbiano una strategia più tentacolare, con progetti che vadano oltre le mostre e che crediamo siano modelli alternativi, con un concept che unisca il modello classico di galleria con un modello più vicino a quello delle agenzie e delle consulenze.
In quest’ultimo anno stiamo imparando ad avere una forte visione imprenditoriale, stiamo iniziando a cercare investitori e a sviluppare strategie di mercato, a lavorare fianco a fianco con una rete di art advisor che ci supportano nelle vendite internazionali e a cercare partnership con altre industrie. Stiamo lavorando tra Londra e Madrid per rimanere all’interno dell’Unione Europea a livello commerciale.
«In quest’ultimo anno stiamo imparando ad avere una forte visione imprenditoriale, stiamo iniziando a cercare investitori e a sviluppare strategie di mercato»
«Stiamo lavorando tra Londra e Madrid per rimanere all’interno dell’Unione Europea a livello commerciale»
– Nel corso degli anni avete definito lo stile artistico che vi interessa, come lo descrivereste e cosa vi differenzia dalle altre gallerie?
Abbiamo avuto bisogno di un po’ di tempo per scoprire qual è il nostro stile come galleria, all’inizio pensavamo di doverne avere diversi e testarli sul mercato, ma in modo molto organico abbiamo capito qual è il nostro stile: lavoriamo principalmente con la pittura, in particolare figurativa, con uno stile forte e potente ma allo stesso tempo molto concettuale. Ci piace avere una narrazione, ma ciò che più ci piace è presentare opere che abbiano molta tecnica, che esteticamente ci piacciano molto, ma che ci mettano di fronte a una realtà complessa. Come spettatori ci piace che un’opera lasci un segno: non solo dal punto di vista tecnico ed estetico, ma anche perché il messaggio che c’è dietro è chiaro ed energico.
Come galleria abbiamo iniziato concentrandoci su artisti giovani ed emergenti, ma ora lavoriamo anche con artisti affermati.
«lavoriamo principalmente con la pittura, in particolare figurativa, con uno stile forte e potente ma allo stesso tempo molto concettuale»
– Cosa vi rende diversi dalle altre gallerie?
Lariot Collective ha una filosofia molto chiara su chi siamo, di come vogliamo che sia il nostro business e di come lo vogliamo svolgere, e questo definisce il modo un cui guardiamo agli artisti perchè la galleria è nata con l’idea di collettivo costruito e condiviso intorno ad una comunità di persone che condivide la nostra passione, siano essi collezionisti, istituzioni, brand, riviste, editori, musei; tutti condividiamo la stessa motivazione di raccontare storie di coloro che ci ispirano. La narrazione che si sceglie di raccontare è molto importante, deve essere una narrazione che si vuole far ascoltare. Se non crediamo in una storia, non la spingiamo. Siamo autentici e questo è ciò che rende la nostra attività efficace nel lungo periodo.
Ci siamo resi conto che nel settore dell’arte esistono idee e modelli di galleria molto tradizionali. Cerchiamo di decostruire e riformulare il modo in cui molte cose funzionano attualmente in questo settore e di capire meglio come funziona il mercato dell’arte per poter adattare nuovi modelli. Siamo in un mercato molto tradizionale e la nostra galleria vuole persone che sfidino il loro modo di pensare. Il mondo dell’arte fa fatica ad adattarsi, noi vogliamo cambiarlo con riflessione e proattività.
«la galleria è nata con l’idea di collettivo costruito e condiviso intorno ad una comunità intorno ai nostri artisti»
«Siamo in un mercato molto tradizionale e la nostra galleria vuole persone che sfidino il loro modo di pensare»
– Lariot Collective è nata con una vocazione internazionale, in quali aspetti si riflette?
Londra è un grande centro di affari, di start-up, di think tank molto stimolanti. Nel mondo dell’arte ci sono migliaia e migliaia di gallerie e per avere successo in un settore è fondamentale sapere cosa sta succedendo, cosa si sta facendo. C’è così tanto movimento che si ha la sensazione di dover sempre studiare e analizzare.
In questo momento stiamo facendo da ponte tra la Spagna, l’Italia e il Regno Unito, esponendo artisti spagnoli nel Regno Unito, artisti internazionali con sede a Londra in Spagna per la prima volta e portando qui artisti italiani.
Stiamo cercando residenze in altri Paesi affinché i nostri artisti possano farsi strada a livello internazionale in altri mercati.
– I vostri clienti sono collezionisti abituali, ma avete anche nuovi acquirenti che finiscono per diventare collezionisti. Come riuscite a creare questo interesse nel mondo dell’arte e quali sono le particolarità dell’esperienza di acquisto in galleria?
Crediamo che l’arte debba essere accessibile a tutti e lavoriamo per rendere l’esperienza di chi vuole conoscere Lariot Collective il più vicina possibile e che possa sentirsi parte del nostro collettivo.
La nostra casa è uno spazio di lavoro e funziona spesso anche come showroom e come spazio dove organizziamo aperitivi e cene con i nostri collezionisti e le persone interessate ai nostri artisti.
Oggi chiunque può essere invitato all’apertura di una galleria, ma noi facciamo un passo avanti aprendo le porte della nostra casa per un’esperienza più personale e intima. Fin da quando ero molto giovane sono stata affascinata dall’idea della casa del gallerista, c’è un certo fascino nel conoscere il caos di opere che vi si trovano, e aprire una casa è anche un atto di mostrare un lato molto personale al quale non tutti sono disposti.
«Oggi chiunque può essere invitato all’apertura di una galleria, ma noi facciamo un passo avanti aprendo le porte della nostra casa per un’esperienza più personale e intima»
«Fin da quando ero molto giovane sono stata affascinata dall’idea della casa del gallerista»
Ci siamo resi conto che c’è ancora molto disconoscimento sul mondo del mercato dell’arte e c’è un’altissima percentuale di persone che sono amanti ma non fanno il passo di acquistare semplicemente perché pensano di non poter aver accesso, o perché non sanno esattamente qual è il loro stile o pensano di non avere il budget necessario; di solito sono persone che hanno molta dimestichezza con i fondi di investimento ma non con l’investimento in arte.
Noi cerchiamo di abbattere tutte queste barriere, forniamo consulenza sul mercato dell’arte, aiutiamo a stabilire i budget, non vogliamo che l’acquisto sia solo una transazione ma che sia l’esperienza più vicina possibile e per questo consegniamo le opere ogni volta che possiamo di persona, apriamo le nostre porte e crediamo nelle sinergie che si creano, è molto importante mantenere i contatti non solo con le persone che sono diventate nostri collezionisti, ma con tutti coloro che mostrano interesse per il nostro progetto.
Oggi ci siamo abituati ad avere tutto a portata di click, noi puntiamo sui rapporti interpersonali, sulle esperienze e Lariot Collective non è solo chi lavora dietro la galleria e i nostri artisti, ma tutti coloro che sono interessati al nostro progetto e ci seguono. In una società in cui tutto è sempre più impersonale, è importante sentirsi parte di qualcosa.
«è molto importante mantenere i contatti non solo con le persone che sono diventate nostri collezionisti, ma con tutti coloro che mostrano interesse per il nostro progetto»
«In una società in cui tutto è sempre più impersonale, è importante sentirsi parte di qualcosa»
– Come galleria itinerante, siete molto attenti all’impatto ecologico e all’impronta di carbonio: come gestite questo aspetto quotidianamente?
Sì, per noi è fondamentale ed è nel nostro DNA, il nostro modello di galleria pop-up implica flessibilità, innovazione e riduzione delle emissioni, la chiave per un modello sostenibile.
Questo modello ci permette di espanderci a livello nazionale e internazionale, di testare città e quartieri e di cambiare il modello di galleria statica. È un modo semplice per attrarre nuovi visitatori, evitando un contratto di locazione a lungo termine. Questo modello offre flessibilità, riduzione dei costi e introiti aggiuntivi.
D’altra parte, facciamo parte della Gallery Climate Coalition fin dall’inizio per combattere l’impronta di carbonio insieme ad altre gallerie internazionali.
Abbiamo apportato molti cambiamenti nella logistica della galleria e ogni movimento è molto ben ponderato: a meno che non sia indispensabile (ad esempio le spedizioni negli Stati Uniti, in Asia, ecc.), evitiamo di spedire le opere per via aerea e di usare scatole di legno su misura: queste scatole non avranno una seconda vita, non sono sostenibili, e quindi cerchiamo alternative alla spedizione tradizionale di opere d’arte. Se dobbiamo spedire opere, ad esempio Madrid-Londra o Londra-Parigi, collaboriamo con ditte di traslochi che, quando hanno un trasloco programmato, ci danno il via libera e noi utilizziamo solo un piccolo spazio per trasportare le opere e sfruttare il loro percorso, mantenendo sempre un alto grado di sicurezza per l’opera e la sua tracciabilità. Ogni piccolo gesto contribuisce a ridurre l’impronta di carbonio.
«Abbiamo apportato molti cambiamenti nella logistica della galleria e ogni movimento è molto ben ponderato»
«Ogni piccolo gesto contribuisce a ridurre l’impronta di carbonio»
– Qual è il vostro bilancio di questi tre anni?
Tre anni molto felici, di duro lavoro e di crescita personale e professionale. Tre anni pieni di sfide, di connessioni e soprattutto di crescita insieme ai nostri artisti. Siamo molto orgogliosi di aver portato avanti una galleria in un momento così complicato.
Ora, in questo terzo anno, stiamo entrando in una fase di consolidamento, di maturità aziendale, di apprendimento di ciò che funziona e di ciò che non funziona e di attivazione del modello tentacolare di cui parlavamo prima. Credo che sia molto importante, come azienda, sapersi fermare e analizzare a distanza ciò che deve cambiare e saper avere una road map, per essere pronti ad affrontare nuove sfide e ad adeguare l’azienda alle esigenze del momento. Direi che in questi 3 anni abbiamo imparato non solo a essere galleristi, ma anche a essere imprenditori, e questa è una cosa che non ti insegnano mai in storia dell’arte o in architettura!
«in questi tre anni abbiamo imparato non solo a essere galleristi, ma anche a essere imprenditori»
– Come vi sentite quando vendete opere che vi piacciono particolarmente?
Da un lato si prova un’enorme felicità nel vedere che l’opera ha trovato il collezionista o la collezione/museo giusto, ma allo stesso tempo ci si sente molto tristi per separarsene. Durante il periodo in cui vivi con l’opera fino alla vendita, senti di possedere parte dell’aura di quell’opera, diventa parte di te ed è sempre triste dirle addio. Fa parte del nostro lavoro. È molto bello rivederle nelle case dei collezionisti o anche in collezioni private e musei.
C’è una parte romantica nel non sapere se le rivedrai o meno.
«Durante il periodo in cui vivi con l’opera fino alla vendita, senti di possedere parte dell’aura di quell’opera, diventa parte di te ed è sempre triste dirle addio»
– Quali sono i prossimi eventi del Lariot Collective?
A giugno abbiamo presentato una mostra, un duo a Londra con opere di Ernesto Crespo e Filippo Fanciotti e per la prima volta abbiamo avuto una collaborazione con Bag, un progetto di sound art, loro hanno suonato durante l’inaugurazione.
A settembre faremo un duo show a Londra con gli artisti spagnoli Santiago Talavera e José Luis Serzo.
E in autunno/inverno faremo una mostra con Diana Zrnic a Londra e una personale a Madrid con Ernesto Crespo.
– Che cosa fate quando non lavorate?
Siamo entrambi fortunati perché la galleria è la nostra passione, e questo significa che la maggior parte del nostro tempo è dedicata al Lariot Collective, alla preparazione di progetti, eventi, ecc. Ma quando non lavoriamo visitiamo le mostre (difetto professionale!), amiamo passeggiare nei parchi di Londra: Luca è sempre alla ricerca di spazi verdi per disintossicarsi dalla città, ci piace fare yoga, leggere e di tanto in tanto a Carla piace scoprire occasioni nei negozi di vestiti usati.
– Un desiderio che vorresti si realizzasse
Se lo diciamo, non si avvererà! Ma …. forse è non perdere mai il senso dell’umorismo, è la chiave per tutto nella vita 😉
«non perdere mai il senso dell’umorismo, è la chiave per tutto nella vita ;)»
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1 comments
You two will go very far👏👏
Bravi💕💕